Il reporting ci permette di conoscere la redditività aziendale per linea di prodotto ed il costo del venduto, che è fondamentale per capire se l’azienda ha buone probabilità di pervenire al salvataggio. Un costo del venduto troppo alto, rispetto a quello del settore in cui opera l’azienda, non è buon segnale ed occorre necessariamente abbassarlo.
Una volta calcolato con esattezza il profitto lordo aziendale (gross margin), dato dalla differenza tra ricavi e costo del venduto, si iniziano a determinare i costi di struttura (costi fissi) per stabilire il livello del break-even point dell’azienda che è il punto minimo di ricavi per pervenire ad un risultato economico alla pari. L’azienda in crisi, probabilmente, presenta dei valori fuori controllo, con un break-even point sconosciuto e con le perdite che continuano a crescere in quanto si opera in una situazione confusa ed incerta; per fare un eufemismo, se ad un miope vengono tolti gli occhiali, non sa da che parte andare e probabilmente inciampa in qualche ostacolo e cade.
Qualora il fatturato aziendale non raggiunga il break-even point, la situazione è particolarmente grave ed occorre seguire la strada più praticabile, in questo momento, cioè ridurre i costi di struttura, senza prendere in considerazione un improbabile aumento dei ricavi in quanto è ritenuto un percorso incerto e da finanziare con risorse che non ci sono. E’ necessario rinegoziare il costo dell’affitto, cambiare i gestori delle utenze, ridurre i costi delle polizze assicurative cercando altre compagnie con prezzi più bassi, ridurre i costi di cancelleria, di pubblicità, le note spese dei dipendenti e degli stessi imprenditori, eliminando i viaggi superflui, i costi delle consulenze superflue, ed in ultimo ridurre purtroppo il costo del lavoro relativo al personale, considerato non necessario.
E’ essenziale ridurre il costo del venduto per abbassare il break-even point e riportare il gross margin ad un livello in grado di coprire tutti gli altri costi e di pervenire ad un risultato economico positivo. Per ridurre il costo del venduto occorre cambiare i fornitori o acquistare le materie prime nei paesi esteri più convenienti. Gli ordini di acquisto si devono emettono in funzione del reale fabbisogno, evitando di riempire il magazzino di merce che poi diventa di lenta movimentazione. Quest’ultimo passaggio ha spesso creato discordanza tra il sottoscritto ed alcuni imprenditori che volevano rimanere della loro convinzione e affermavano: “se un cliente chiederà un prodotto particolare e noi non l’abbiamo in magazzino lo perdiamo perché va a rifornirsi presso un’azienda concorrente ”. Secondo il loro modo di pensare, occorreva riempire gli scaffali di merce di lentissima movimentazione che quasi certamente rimaneva negli scaffali per qualche anno, senza considerare che le riba da pagare ai fornitori arrivavano tutti i mesi, mettendo in difficoltà le finanze aziendali. Di fronte ai suddetti acquisti errati, la mia domanda era: “le ricevute bancarie dei fornitori, a fine mese, chi le paga? Non c’era risposta e non ci poteva essere in quanto non c’era liquidità; a questo punto cosa fare se il cliente mi chiederà un prodotto di cui sono sprovvisto? Generalmente questo prodotto vale l’1% dell’ordine che il cliente ha effettuato. La mia risposta era: andrò a comprarlo presso un’altra azienda, anche se concorrente, che dispone di questo particolare prodotto ed a mia volta lo fornirò al mio cliente, completando egregiamente la fornitura . Avrò un gross margin inferiore su questo prodotto, ma alla fine dell’anno, sarà talmente ininfluente questa perdita di redditività che avrò soltanto benefici dati dalla maggiore liquidità e dai minori oneri finanziari da corrispondere alle banche, qualora fossero disponibili a concedere dei fidi suppletivi. Altro argomento fondamentale ed altra causa di dissesto sono le perdite su crediti. Molti imprenditori dicono che bello, questo mese abbiamo avuto un aumento di fatturato inaspettato! Ma non si pongono la domanda: a chi ho venduto? Mi pagherà la fornitura? Pochi si pongono queste domande, anche perché la maggior parte degli imprenditori commettono il grave errore di non dare un fido ed un rating ai propri clienti e credono, senza riflettere, che essendo un cliente storico pagherà sicuramente. Ma noi stessi, come persone, non siamo sempre gli stessi durante la nostra vita, siamo aperti a dei cambiamenti soggettivi che possono essere migliorativi o peggiorativi; a maggior ragione le aziende, nel corso degli anni possono entrare in una spirale di dissesto e non essere in grado di pagare i propri debiti e sicuramente non avvisano i fornitori. Tenendo presente queste importanti considerazioni occorre porsi la domanda di cosa fare per conoscere la solvibilità dei clienti, tenendo presente che l’attività aziendale è comunque a rischio; si possono limitare le perdite su crediti, verificando almeno con cadenza annuale, l’attendibilità della clientela, con visite aziendali, con visure camerali dei bilanci, di eventuali protesti, chiedendo informazioni alle banche o ad altri fornitori. Occorre tenere ben presente che oggi il mondo è cambiato, i valori delle persone si sono contratti, le truffe piccole o grandi sono dietro l’angolo, fatte anche da persone insospettabili, pertanto il livello di attenzione deve per forza salire se si vuole rimanere sul mercato.