Il seguente pezzo è tratto dal libro “La crisi d’impresa. Come evitarla“, pubblicato dal dottore commercialista Nicolantonio D’Orazio.
«Siamo in piena fase di epidemia da “coronavirus”, la maggior parte delle attività economiche sono obbligate a chiudere l’attività, per due settimane, dopo aver subito forti cali di fatturato a partire dal mese di gennaio 2020. Le città italiane e Milano in primis che è sempre stata il motore dell’economia italiana, sono deserte come se ci fosse il coprifuoco. Le poche persone che si vedono in giro sono dotate di mascherine per evitare qualsiasi tipo di contagio dal virus. L’aria che si respira è davvero di disperazione. Le persone hanno paura di essere contagiate e sono chiuse in casa, con il panico di dover affrontare una situazione di emergenza, senza conoscerne la fine. I timori della salute delle persone devono avere la priorità assoluta, ma non c’è dubbio che nel breve e medio termine le preoccupazioni sulla tenuta del sistema economico, già messo a dura prova da anni di stagnazione, di produttività al palo e del solito paralizzante debito pubblico, sono altrettanto fondamentali. Il problema è se ne usciremo e come ne usciremo. La storia ci insegna che le guerre, le epidemie e gli altri eventi straordinari sono le giuste motivazioni che ci danno la spinta a rimboccarci le maniche per andare nella giusta direzione in modo diretto e razionale, abbandonando quell’atteggiamento narcisistico e improduttivo che è la caratteristica principale del nostro popolo e soprattutto degli uomini politici che dovrebbero governarci! Bisogna pensare soltanto al bene del paese e dei cittadini e per fare questo, l’unica via che conosco è il lavoro, l’onesta, l’efficienza e la professionalità. Occorre riscoprire i valori più profondi ed in base ad essi porsi degli obiettivi da raggiungere, con coerenza, umiltà e con una mentalità positiva. L’Italia sarà duramente colpita dalla crisi da coronavirus e le misure per uscirne dovranno essere davvero straordinarie, considerando soprattutto il grande deficit pubblico che è stato creato, per via della pessima gestione economica del paese da parte dei nostri politici di qualsiasi ideologia, ammesso che ne abbiano una! Lo Stato dovrebbe sostenere nell’immediato tutti quei settori colpiti dall’emergenza, come il turismo, i trasporti ed in genere l’industria e i servizi, al fine di consentire loro la sopravvivenza e la ripresa. Ma con quali risorse? Aumentando il debito pubblico. Ma quali investitori internazionali sono disponibili ad acquistare i nostri titoli di stato ed a che prezzo? Sono fermamente convinto che il prezzo verrà pagato dai pensionati, dagli statali, dai risparmiatori e dai lavoratori dipendenti o professionisti, con misure impopolari, mentre per le aziende private occorre dire: “si salvi chi può”. Chi è dotato di una consistente liquidità riuscirà ad assorbire le perdite ed a ripartire, al contrario le aziende già indebitate sono destinate ad andare maggiormente in difficoltà, con una ripartenza molto difficile, se non impossibile. Credo che tutti dovremmo ridimensionare il nostro tenore di vita e riscoprire quei lavori che sono stati abbandonati, per andare a lavorare negli uffici, ma che garantivano un buon sostentamento. Assistere i propri cari, anziché ricorrere alle badanti, curare la propria casa al posto di utilizzare le donne di pulizia esterne, aggiustare gli elettrodomestici, anziché sostituirli, rattoppare i vestiti senza portarli nelle sartorie, curare la propria persona senza recarsi nei centri estetici, riscoprire l’agricoltura e l’allevamento che è la primaria ricchezza nei momenti di difficoltà. L’epidemia da Coronavirus ci insegnerà quanto è importante la nostra salute e quella dei nostri cari. Ci sta facendo riscoprire il mondo dei nostri affetti ed il valore dei sentimenti positivi come l’amore, l’ascolto empatico, il voler bene ed il volersi bene, la gratitudine, la solidarietà ed il vivere con consapevolezza nel presente.
I sentimenti positivi, come ho già avuto modo di scrivere nel libro “Viale delle rose” sono i veri valori che ognuno di noi ha, ma spesso non vengono considerati perché si dà più importanza ai beni materiali o ad altri sentimenti, che considero negativi tipo: l’avidità verso il denaro, l’eccessivo narcisismo e la voglia di apparire dimenticando il proprio essere ed il non riconoscere i meriti altrui.
In questi giorni ricevo telefonate da imprenditori che sono estremamente preoccupati perché hanno i magazzini pieni di merci, senza riuscire a smaltirli in quanto i negozi sono chiusi e tutti gli ordini vengono annullati. Gran parte di questa merce non potrà essere più commercializzata. Il vero problema è che le aziende non hanno liquidità per far fronte ai debiti contratti per produrre la merce che rimarrà invenduta.
Sono convinto che la ripartenza sarà molto difficile, ma dipenderà soprattutto dal fattore soggettivo perché lo ritengo determinante in quanto, non ci sarà più spazio per gli imprenditori impreparati ad esercitare il proprio ruolo, quindi sarà del tutto inefficace seguire quel “pilota automatico” che ha diretto l’azienda fino ad oggi, ma al suo posto dovrà intervenire “l’agilità emotiva dell’imprenditore”, intesa come capacità di adattamento e di resilienza alle situazioni disastrose, atta a riscoprire i valori più profondi programmandone gli obiettivi da raggiungere di cui quello principale è il salvataggio aziendale e naturalmente la ripartenza della stessa. L’imprenditore dovrà riscoprire la dote del “principiante” cioè quell’umiltà che spingono le persone a migliorare se stessi e la propria azienda e se non ci riesce può farsi aiutare da professionisti preparati ed esperti, riconoscendo che la loro parcella non rappresenta un costo in più ma un valore aggiunto!»
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